Primo giorno di saldi, diluvio universale in corso, pigrizia alle stelle e un libro interessante che aspetta solo di esser letto. Non sarei uscita di casa neanche a pagarmi.
Ma poi mi chiama un’amica che lavora in un’altra provincia, e mi propone di vederci a metà strada per lo scambio di regali e di chiacchiere. Dove? in un centro commerciale, lei accompagna lì madre e sorella e noi avremo tutto il tempo per raccontarcela.
Ok, rinuncio a cercare scuse, e ci vediamo. Sono le 3 di pomeriggio, difficile trovare un parcheggio libero, devo andare fin quasi alle porte dell’inferno. Ma il vero incubo è all’interno, sembra che la gente esca dalle fessure del pavimento come le formiche. Finalmente riusciamo a incontrarci (ovviamente siamo entrate da due accessi opposti, e ci siamo telefonate un mezzo milione di volte).
Lei è allibita quanto me. Siccome siamo due ingenue, decidiamo di andare a berci un té in uno degli ennemila locali che vediamo lì intorno. Questo no perchè non c’è posto, quest’altro idem, qui neanche… Alla fine, appena prima che mi uscisse dal profondo dell’animo l’urlo del coyote, una coppia stracarica di borse si alza, con l’aria esausta, e ci lascia il tavolo.
Quello era un ottimo punto di osservazione sul piano sottostante, sulle scale mobili, sui vialetti e su numerose vetrine. Il chiasso era impossibile, ma lo spettacolo meritava il sacrificio. Ok, supponiamo che la stragrande maggioranza abbia rinviato i regali di Natale aspettando i saldi, che molti abbiano davvero bisogno di quel che hanno comprato, che lì ci fossero soprattutto quelli che il lavoro ce l’hanno e la crisi non la sentono… supponiamo tutto questo, ma ancora non capisco il senso di tutta quella gente, quelle spese, quel delirio collettivo.
Io sono convintissima che nella maggior parte delle persone che conosco questi ultimi anni abbiano provocato modifiche ai comportamenti: più attenzione alle spese e ai consumi, all’ambiente, alla sobrietà. E so di esser superficiale nel generalizzare, ma l’impressione che ho avuto oggi al centro commerciale era di assoluta leggerezza, come se fosse normale ingozzarsi di acquisti, come se fosse ovvio che è necessario. Come se la crisi fosse cosa degli altri. O come era una volta il Carnevale, quando la gente si mascherava per sfuggere alla sua quotidianità, e inventarsi per un giorno una vita diversa.
Non so…non ho dubbi che sia in corso una grave crisi ( fra l’altro, mio marito lavora nel settore finanziario e ogni giorno mi dà un resoconto desolante della situazione), però spesso vedo comportamenti del tutto incomprensibili. Io sono una che di fronte ad un armadio straripante di vestiti viene colta da ansia, tollero una sola borsa alla volta, per cui forse sono un po’ atipica come donna, però lo shopping dissennato mi sembra uno spreco di soldi e di energie! Per non parlare poi di tutti quei tessuti sintetici che hanno un forte impatto ambientale…la moda cambia così in fretta che fanno presto a finire nelle discariche. Io sono una grande frequentatrice dei cassonetti della Caritas, nel senso che butto dentro le cose smesse soprattutto delle mie figlie, di 10 e 13 anni!
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Io in uesti giorni ho riempito il cassonetto giallo del Centro Missionario, ma tante cose non si possone mettere lì dentro (libri, elettrodomestici, mobili, ecc). Chissà perchè (o forse lo sappiamo) qui da noi non si usano i vide grenier o garage sale… altrove sono un sistema utilissimo per liberarsi delle cose ancora buone o, viceversa, per comprarle!
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